27/07/09






Milano e la 'ndrangheta, la strana storia della commissione antimafia

arcoiris.tv

Il 19 gennaio 2006 la Squadra Mobile di Milano conclude l’ operazione Onda Blu con 54 ordinanze di custodia cautelare ai danni del clan Pesce – Bellocco con l’accusa di traffico di cocaina, eroina ed associazione a delinquere di stampo mafioso.

Nell’ambito dell’operazione “Sunrise”, nel giugno 2006 viene sequestrato in un garage di Seregno un imponente arsenale composto da Kalashnikov, mitragliatori Uzi, Skorpion, munizioni, cannocchiali di precisione e bombe a mano, depositate in quel luogo per essere sempre a disposizione di Salvatore Mancuso, del clan di Limbadi (VV).

L’indagine “Soprano” ha visto, nel dicembre del 2006, l’arresto di 37 persone appartenenti alla famiglia Coco Trovato. Vincenzo Falzetta aveva assunto per conto della cosca la gestione di numerosi locali pubblici a Milano, tra cui la nota discoteca Madison, il ristorante Bio Solaire e la discoteca estiva Cafè Solaire, sita strategicamente nei pressi dell’Idroscalo a due passi dall’aeroporto di Linate. Si era venuta così a costituire una catena di locali pubblici che rispondevano all’esigenza di riciclare la liquidità in eccesso, spacciare cocaina e usare i locali per riunioni strategiche.

Il 3 maggio 2007 a Milano, con l’operazione Pecunia, viene inferto un duro colpo alle cosche dei Morabito, Bruzzaniti e dei Palamara. Le indagini hanno scoperto una rete internazionale di alto livello criminale in grado di importare quintali di droga nel capoluogo lombardo e di investire e riciclare i proventi del narcotraffico in una fitta rete di società e cooperative di manodopera e trasporto attive all’interno dell’ortomercato di Milano. Tra le aziende coinvolte compare anche la Sogemi, la società a intera partecipazione del Comune di Milano che gestisce i mercati generali. E’ stato inoltre posto sotto sequestro il night club “For a King” e sequestrati in un unico blitz oltre 250 chilogrammi di cocaina. Tra i settanta indagati figura anche un agente della polizia locale in servizio alla sezione annonaria (quella che si occupa del controllo agli esercizi pubblici), dipendenti del settore licenze del Comune di Milano e di Arese, politici, professionisti, ristoratori, dentisti, vigili urbani, società reali e fittizie.

Le analisi dalla Squadra Mobile di Milano nell’ambito dell’operazione “Stupor Mundi” dimostrano gli stretti rapporti tra la ‘ndrangheta locale e i cartelli colombiani produttori di cocaina. L’Operazione si è conclusa nel mese di maggio 2007 con 40 arresti.

Luglio 2008, nell’ambito dell’ operazione Cerberus di Milano vengono arrestate otto persone della cosca Barbaro – Papalia. Le ordinanze di custodia cautelare sono state accompagnate da 19 perquisizioni che hanno coinvolto il capoluogo lombardo e alcuni comuni della provincia. Gli arrestati devono rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, riciclaggio aggravato dalle modalità mafiose e violazione delle normativa sulle armi.

Gli appalti per l’Alta Velocità sono in mano alla ‘ndrangheta“, queste le conclusioni a cui, nel novembre 2008, sono arrivati i pm della Procura di Milano Paola Pirotta e Frank Di Maio. L’indagine ha rivelato come alcune famiglie originarie di Platì detengono l’esclusiva del business del movimento terra nel milanese. A seguito di questa operazione quattordici aziende lombarde si sono viste notificare un avviso di garanzia. Nella lista degli indagati compaiono nomi come quello di Santo Maviglia, affiliato della ‘ndrina dei Maviglia e attualmente titolare della Edilcostruzioni, azienda che ha ottenuto in subappalto alcuni lavori per la T.A.V, e Maurizio Luraghi, imprenditore edile risultato poi essere il prestanome per la famiglia dei Barbaro e dei Papalia.

“Isola” è il nome di un operazione, coordinata dal pm Mario Venditti della Dda milanese,arrivata al culmine il 16 marzo 2009 con l’arresto di venti ‘ndranghetisti legati ai clan degliArena, Barbaro, Bubbo e Nicoscia. Il blitz ha avuto luogo a Cologno Monzese, popoloso comune del comprensorio di Milano già noto per fatti di ‘ndrangheta. Secondo il pm Venditti i clan Nicoscia e Arena, che in Calabria sono impegnati in una sanguinosa faida che li contrappone, in Lombardia hanno sancito una tregua in nome degli ingenti guadagni realizzabili. Gli atti istruttori relativi a questa operazione parlano di violente intimidazioni allo scopo di inserirsinell’assegnazione di appalti per la realizzazione di importanti opere pubbliche in particolare nei cantieri di Cassano D’Adda, Melzo, Piotello e Pozzuolo Martesana. Nella stessa inchiesta è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare a carico del sottufficiale della Guardia di finanza di Monza Giuseppe Russo, imputato di aver favorito il gruppo criminale in cambio di una quota del ristorante “Taverna dell’Isola” di Villasanta, in provincia di Milano, e di un soggiorno gratuito in un villaggio turistico di Isola Capo Rizzuto, luogo d’ origine della famiglia Arena. Sono stati inoltre sequestrati beni immobili e conti correnti per un valore di 10 milioni di euro. A seguito di questa operazione il procuratore capo di Milano, Manlio Minale, ha dichiarato: «Abbiamo individuato la terza generazione della’ndrangheta in Lombardia:

-la prima si occupava di attività estorsive e traffico di stupefacenti.

-la seconda partecipava agli utili delle aziende come socio occulto.

-la terza generazione un ruolo funzionale: sono imprenditori attivi, ma con metodi mafiosi, ossia utilizzando la forza dell’ intimidazione e la collaborazione con le case madri in Calabria»

Questa dichiarazione fa bene intendere quanto profondamente e da quanto tempo la ‘ndranghetasi è insinuata nel tessuto lombardo.

Nell’operazione “Caracas Express” del marzo 2009 il gip di Milanoha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Pasquale Giuseppe Barbaro con l’accusa di traffico illecito di sostanze stupefacenti. La cosca dei Barbaro-Papalia è operante in particolar modo nella fascia Sud-est di Milano. Le indagini hanno accertato l’esistenza di un giro d’affari che prevedeva il traffico, ogni mese, di almeno 20 chili di cocaina purissima proveniente dal Sud America.

Queste sono alcune delle indagini più importanti che hanno investito Milano negli ultimi anni. L’egemonia criminale che si è venuta a creare è frutto di anni di sottovalutazione da parte dell’amministrazione cittadina sull’entità reale del problema ‘ndrangheta. Il silenzio e l’indifferenza hanno garantito un progressivo inserimento della malavita in molti settori lavorativi permettendogli così una mimetizzazione nel tessutodella città.Non c’è dunque da stupirsi se l’opinione pubblica milanese non sia consapevole della radicale e diffusa infiltrazione ambientale di tipo mafioso della loro città. Pochi milanesi sono informati della realtà che si vive nel quartiere di Quarto Oggiaro, zona divenuta un vero e proprio fortino dell’illegalità dove anche l’assegnazione delle case popolari di proprietà dell’Aler è assoggettata al controllo degli uomini della ‘ndrangheta. Il cittadino che frequenta l’ortomercato per acquistare frutta e verdura a buon prezzo può ignorare che la zona è descrittadai professionisti dell’antimafia come una”zona franca controllata da un caporalato aggressivo, padrone del lavoro nero e all’interno della quale il Presidio di Polizia fatica a operarementre i Vigili Urbani evitano quasi sempre di intervenire”.

Ad ulteriore conferma arrivano le dichiarazioni della Commissione parlamentare antimafia che nella relazione pubblicata nel 2009 afferma che “Milano e La Lombardia rappresentano la metafora della ramificazione molecolare della ‘ndrangheta in tutto il nord” e prosegue “preoccupanti segnali della persistenza di organizzazioni di tipo mafiososi caratterizzano per una capillare occupazione di interi settori della vita economica e politico-istituzionale“. La relazione si sofferma sull’analisi del grande business del settore edilizio “nel quale va compreso quello degli scavi, del movimento terra e delle costruzioni, sino ad arrivare all’intermediazione realizzata da agenzie immobiliari collegate, dal settore ristoranti, bar, dalle agenzie che forniscono addetti ai servizi di sicurezza e del settore della logistica.”

A Milano ed in Lombardia più che altrove l’aggressione al cuore economico delle mafie deve rappresentare la vera sfida“, così conclude il rapporto relativo alla città di Milano.

È in questo contesto che si inserisce la rocambolesca vicenda della commissione antimafia del capoluogo meneghino.

1° attoIl 5 marzo 2009, dopo quasi due anni di progettazione, Palazzo Marino decide di istituire una commissione antimafia con il compito di indagare sul rischio di infiltrazioni criminali anche in previsione dei poderosi lavori che si renderanno necessari per ospitare l’Expo 2015.

2° atto Pochi giorni dopo la pubblicazione della delibera attuativa il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, scrive una lettera al sindaco Letizia Moratti definendo illegittimo l’organismo della commissione. Da quel momento neviene impedito il funzionamento in attesa di un processo di revisione.

3° attoil 25 maggio 2009 il Consiglio comunale, con il voto unanime della maggioranza di centrodestra, decide di annullare la delibera di approvazione della commissione antimafia abolendo di fatto la commissione. Nelle motivazioni si legge che “si prende atto dell’impossibilità di perfezionare la costituzione della commissione d’inchiesta sugli interessi mafiosi attivi a Milano“, inoltre AN avanza anche dubbi che tale commissione possa essere utilizzata come arma politica dall’opposizione.

È fuori dubbio che una commissione comunale non può avere poteri giudiziari d’inchiesta ma il suo contributo sarebbe stato senz’altro utile per monitorare efficacemente le situazioni considerate a rischio. In secondo luogo i timori che la commissione avrebbe potuto essere strumentalizzata dal centrosinistra usandola come strumento politico per destabilizzare la maggioranza è immotivata ben avendo capito che la mafia non fa differenze tra giunte di destra o di sinistra e cerca in ugual misura di intrecciare stretti rapporti con il mondo della politica e delle istituzioni.

Una triste ma significativa fatalità ha voluto che lo stesso giorno in cui si è decretata la fine della commissione antimafia, Franco Crisafulli, pregiudicato 57enne del clan mafioso Crisafulli, è stato assassinato in un bar di Quarto Oggiaro in seguito ad un regolamento di conti.

L’ insabbiamento di ovvie realtà come la presenza della criminalità organizzata a Milano associata al previsto imminente boom del settore edilizio legato all’evento fieristico risulta incomprensibile se non pensando che a Milano si è preferito difendere l’apparenza di città estranea all’infamia della criminalità organizzata a svantaggio della sicurezza e della legalità.



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