03/07/09






L'Italia accusata di aver violato una disposizione ONU

Georges Henri Yvon Raggiu Giuseppe è un cittadino italiano nato il 12 ottobre 1957 a Verviers in Belgio, da madre belga e padre italiano. Per molti anni ha lavorato in Ruanda come conduttore presso la stazione “Radio-télévision libre des milles collines” (RTLM), una delle principali radio che negli anni novanta veniva utilizzata per incitare allo sterminio della popolazione Tutsi. RTLM radio è stata processualmente riconosciuta come uno strumento chiave di propaganda utilizzato dagli estremisti per mobilitare la popolazione civile ed esortarla a contribuire al massacro in atto.

E' incancellabile nella memoria dell'umanità l'olocausto che nel 1994 ha visto contrapporsi gli uomini hutu agli uomini tutsi e che portò all'uccisione di quasi il 20% dell'intera popolazione ruandese.

Durante i tumulti di quel periodo nelle trasmissioni dell'emittente RTLM condotte da Georges Raggiu, egli ha svolto un ruolo che è stato ritenuto cruciale nell'istigare all'odio etnico e alla violenza.
Rimane nelle orecchie di chi lo ha ascoltato la sua voce mentre dichiara che le “tombe sono in attesa di essere riempite dai corpi degli scarafaggi tutsi” o mentre si congratula con gli autori di massacri. Nelle sue trasmissioni era quasi la normalità sentirlo incoraggiare la popolazione a creare blocchi stradali per permettere la cattura e l'uccisione dei nemici.

Nel 1994 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'organismo a cui è stata conferita la responsabilità principale nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, ha creato il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (TPIR), con l'incarico di "giudicare i responsabili del Genocidio ruandese e di altre gravi forme di violazioni dei diritti umani commessi sul territorio ruandese". Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite relative al TPIR sono state quattro:
la n°955 che stabiliva la nascita del tribunale stesso
la n°977 che dispone che la sede del tribunale sia sito ad Arusha, in Tanzania.
la n°978 che impone la collaborazione di tutti gli stati ONU con il tribunale
la n°1165 che prevede la creazione di una terza camera disponente

Nel 1998 il collegio giudicante del Tribunale internazionale ha indagato Georges Raggiu per l'accusa di genocidio e istigazione allo sterminio di persone di etnia tutsi.
Ruggiu, prima che avesse inizio il processo, riuscì a fuggire in Zaire (ora Repubblica democratica del Congo), successivamente in Tanzania e infine in Kenya. Era sul punto di scappare nuovamente per rifugiarsi in Iraq quando fu arrestato dalla polizia locale per un ordine di cattura internazionale.
Durante il processo a suo carico Ruggiu si è riconosciuto colpevole dei capi d'accusa, ammettendo di aver istigato la popolazione a commettere degli omicidi con il chiaro intento di distruggere l'etnia tutsi in Ruanda. Il giudici hanno quindi reputato Georges Ruggiu colpevole di “persecuzione e incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio” e di “crimini contro l'umanità” condannandolo a scontare 12 anni di reclusione nel carcere di Arusha, in Tanzania.
Nel febbraio 2008, a seguito di un accordo siglato tra l'Italia e le Nazioni Unite, Raggiu è stato trasferito in una prigione italiana per finire di scontare la sua pena in patria.

Il 21 aprile 2009 un tribunale italiano ha concesso al giornalista italo-belga la liberazione anticipata senza darne alcuna comunicazione al Tribunale che le convenzioni internazionali indicano come competente in materia, cioè il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda.

Il problema sostanziale che si va ponendo e che sta gettando non poco scompiglio nella relazione tra Italia e Ruanda, non è rappresentato dalla scarcerazione anticipata, che peraltro ha permesso a Raggiu uno sconto di soli tre mesi di carcere rispetto ad una condanna a dodici anni, ma alla grave noncuranza che alcune Istituzioni italiane hanno dimostrato nei riguardi del rispetto di norme internazionali a cui l'Italia ha aderito.

Effettivamente questa rilevante negligenza vìola lo statuto dell'organizzazione intergovernativa più importante al mondo: l'ONU.

L'articolo 27 dello statuto del Tribunale internazionale dichiara che solo il Presidente del TPIR può decidere per la liberazione anticipata delle persone condannate dal suo stesso organo giudiziario. Nello statuto si legge che se, in base alle leggi vigenti nello Stato in cui la pena viene scontata, la persona detenuta può godere di una grazia o della commutazione della pena, lo Stato interessato è tenuto a notificarne la circostanza al Tribunale Internazionale per il Ruanda il quale, dopo essersi consultato con il collegio giudicante interno, decide in merito all'eventuale scarcerazione o alla conferma della condanna.
L' Italia era dunque formalmente tenuta a notificare al Tribunale Penale Internazionale del Ruanda ogni decisione in merito ad un eventuale carcerazione anticipata del signor Ruggiu.

A tutt'oggi il Tribunale Penale Internazionale del Ruanda non ha ancora ricevuto nessuna comunicazione da parte del Ministero della Giustizia italiano riguardo la sorte del signor Ruggiu nonostante il Ruanda abbia inviato due istanze ufficiali nelle quali si chiede di chiarire il comportamento del tribunale italiano nei confronti di una risoluzione ONU.
Il governo ruandese accusa l'Italia di ostacolare i suoi sforzi per assicurare che vengano puniti gli autori del genocidio di cui è stato vittima.

In una nota le autorità ruandesi affermano che venendo a mancare la fiducia nella cooperazione da parte della giustizia Italiana, il Ruanda chiede ufficialmente l'estradizione del sacerdote cattolico di etnia hutu Emmanuel Uwayezu, anche in forza di una legge italiana che ne autorizza l'attuazione nel caso l'accusa sia di genocidio.
Emmanuel Uwayezu, da che è fuggito da un Ruanda in guerra, vive sotto falso nome a Empoli dove esercita il ruolo di vicario in una parrocchia della diocesi di Firenze.
Il sacerdote è fortemente sospettato dall'organizzazione per i diritti umani “African Rights Watch” di aver favorito il massacro di più di 80 studenti di età compresa tra i 12 e i 20 anni avvenuto nel 1994 all'interno dell'istituto “Maria Misericordiosa” a Kibeho, sud ovest del Ruanda, dove Uwayezu svolgeva il ruolo di preside.
Emmanuel Uwayezu ha ora chiesto asilo allo Stato del Vaticano.

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